L'ultimo mese, Parte III

Posted by : Maurizio Oliveri | mercoledì 22 settembre 2010 | Published in

Dal 18/08 al 26/08, la rianimazione

In questo post vi riferisco i miei ricordi sulla rianimazione. Ma vi avverto... è un articolo pesante, demotivatore. Scrivendolo tra ieri ed oggi, mi sono reso conto di aver passato probabilmente i peggiori otto giorni della mia vita.

So che non è niente in confronto alla grandezza della "rinascita", però è un passaggio obbligato attraverso il quale passiamo tutti, chi un po' meglio chi un po' peggio, quando siamo sottoposti ad un intervento sotto anestesia totale.
 
Se dopo questa avvertenza siete comunque convinti di rivivere con me alcune delle esperienza, procedete pure!



Foto originali dell'unità di terapia intensiva del Niguarda. Le foto sono gentilmente "cedute" da Giancarlo :)
  


Apro gli occhi e vedo Sandra che mi stringe la mano. Dove sono? Ah, devo essere in rianimazione, ho fatto l’intervento. Non sento dolore, ho la bocca terribilmente impastata, e poi… che cazz! Cos’è ‘sta roba che ho in bocca? Un tubicino che va giù in gola! Che schifo, non posso stare con un tubo che mi giro tra la lingua. So –perché mi era stato spiegato – che non avrei potuto parlare a causa del tubo.


Sandra mi parla, mi dice che è andato tutto bene, che è tutto a posto. Io cerco a gesti di farmi capire, mi da fastidio la gola. Ovviamente non riesco a farmi capire. Provo a fare dei gesti ma non ho forza, mi tremano le mani. Ovviamente non posso bere. Mi bagnano le labbra con una garza. Mi sento terribilmente rincoglionito e dopo poco mi riaddormento.

La mattina del giorno dopo mi “stubano”. In realtà di tubi ce n’erano due. Uno dal naso, che mi assisteva nella respirazione. L’altro, quello in bocca, che evitava che mi riempissi di catarro, o che mi andasse la saliva nei polmoni, non ho ben capito. A quel punto riesco a parlare, ovviamente con qualche fastidio alla gola.

Sono gonfio come un pallone. Ho le braccia talmente gonfie che non riesco a piegarle. Di alzarle non se ne parla nemmeno, non ne ho la forza. Ho sempre tanta sete. La gola mi brucia. Ho la lingua assolutamente asciutta. Però non mi danno da bere, perché sono pieno di liquidi. Sembra un controsenso ma è così. L’unica cosa che mi danno da bere è un siringone di acqua che mi spingono in bocca; in realtà sono soltanto 20 cc. Ho la bocca incredibilmente impastata, mi sembra che mi abbiano messo dentro del fango che si sta asciugando. A volte la bocca è talmente asciutta che quasi si incolla la lingua al palato.

io lo chiamo "helpdesk", da dove ci seguono...
Ho forti dolori muscolari. Il fatto di stare bloccato a letto mi innervosisce e peggiora i dolori. La sera mi fanno un’iniezione di morfina nella gamba. Dopo 5 minuti mi comincio a rilassare. Dopo 15 minuti non ho più dolore. L’effetto mi dura dalle 4 alle 6 ore. Riesco a dormire a sprazzi, risvegliandomi ogni una o due ore. Ogni volta che mi sveglio alzo il braccio per farmi vedere dall’infermiere e chiedo dell’acqua. Solita siringa da 20 cc.

Dormo con un cuscino sotto le braccia per tenerle più in alto e aiutarle a sgonfiarsi. Nonostante ciò, la mattina sono sempre più gonfie che la sera prima.

Ho la glicemia alta. Effetto del cortisone, o forse della soluzione che mi iniettano in vena 24h al giorno, che contiene glucosio. Non posso mangiare zuccheri. Mi accontento di caramelle alla frutta senza zuccheri. Almeno sento qualche sapore in gola che contrasta l’arsura per qualche minuto.

Ho la pressione alta. Anche fino a 190/110. Mi sento la testa esplodere. Mi sento il corpo infuocato. Ogni giorno sento che provano con dei farmaci antiipertensivi diversi. Questo non va, questo un pochino, aumentiamo la dose, ecc. ecc.

Nel frattempo i medici, pur rassicurandomi, mi spiegano che ho un’insufficienza renale importante, per questo sono pieno di liquidi, per questo mi riempiono di diuretici. A causa di questa insufficienza, il mio cuore, nonostante sia forte, buono e sano, sta faticando. Mi iniettano dell’adrenalina per “spingerlo” un po’ –lo obbligano a sforzarsi un po’ di più-. Mi sento il cuore che batte fortissimo. Sembra di avere un martello pneumatico dentro al corpo. Una sensazione veramente fastidiosa che nessuna persona sana prova nella vita, immagino. Per fortuna dura pochi minuti.

Mi dispero. Sono di pessimo umore. Per maggiore informazione chiedete ai miei cari (Sandra, mamma, zia, zio)… rispondo male a tutti. Faccio i capricci. Piango. Non mi va bene niente.

Non riesco a mangiare. Il primo giorno mangio una mousse di frutta. La sera mi fanno mangiare un brodino, ma lo mangio controvoglia. La poca acqua che mi danno ha un gusto cattivissimo. Sembra di bere terra. Dopo qualche giorno inizio a mangiare ma pochissimo, perché non ho fame, non sento i gusti, e quel poco che sento fa schifo.

Ogni mattina mi lavano. Prima mi fanno la barba con il mio rasoio elettrico. Poi prendono una spugnetta e mi lavano a pezzi, faccia, braccia, gambe. Mi fanno un lavaggio intimo con la padella sotto il sedere. L’unica cosa che faccio da solo in questa operazione è quella di lavarmi i denti. I capelli me li lavano per la prima volta il giorno 7 dopo l’intervento.

Ovviamente di evacuare spontaneamente non se ne parla. Grandi masse di aria si muovono, in parte si liberano. Ma dopo 5 o 6 giorni si prendono misure: un bel clistere, mi raccomando tienilo più che puoi in corpo, così fa effetto. In realtà neanche questo funziona granchè.

Non vi parlo delle sensazioni di impotenza al momento di mettersi a bordo letto per la prima volta, poi addirittura di mettersi in piedi per poi sedersi sulla sedia di fianco al letto. Pare un’esperienza titanica. Le gambe non rispondono. La testa gira tantissimo. Oh Dio mio, ma cosa mi sta succedendo? Come farò a tornare normale?

Morale della favola: dovevo rimanere 6 giorni in rianimazione, alla fine ce ne resto 8. I miei peggiori 8 giorni della vita, probabilmente.

Una sensazione che non dimenticherò mai. Sapere che l’intervento è riuscito, eppure sentirti male come mai lo sei stato in vita tua. Un senso di impotenza, impazienza, intolleranza totali. Non riuscire a fare passare i giorni. Attesa infinita. Notti infinite. Dolori infiniti.

Di fianco a me c’era un bimbo indiano di 4 mesi (QUATTRO MESI). L’hanno portato in rianimazione che io ero già cosciente. Piangeva, ma l’hanno intubato subito. Sicuramente continuava a piangere, ma essendo intubato, poverino, non riusciva neanche a farsi sentire. Piangeva in silenzio. Sto piangendo io in questo momento che lo scrivo, ricordando le allarmi del monitor che segnalavano in continuazione le aritmie, fibrillazioni, arresti o che so io, di quel suo minuscolo cuore. I medici non sapevano se operarlo o meno. C’era ovviamente il rischio di decesso durante l’intervento. Altrettanto alto era il rischio di decesso per le sue condizioni. Una notte hanno dovuto fare una “manovra” di emergenza, sono venuti un paio di medici e gli hanno salvato la vita. Ma volete sapere la cosa più straziante? Mi racconta mia moglie, che per motivi religiosi, di culto o che so io, il bimbo è stato praticamente abbandonato dai genitori, rifiutato, in quanto malato o in rischio di vita. Dopo i primissimi giorni, non è più venuto a trovarlo nessuno. CHE STRAZIO!!

Una cosa ricordo positivamente, e non posso non segnalarla. La cordialità, pazienza e gentilezza degli infermieri. Tutti, nessuno escluso, sono assolutamente preparati ad affrontare situazioni di pazienti che come me sono disperati. E, credetemi, ci sono pazienti che sono e che stanno molto peggio di me. Ho sentito –perché vederli era difficile, non riuscivo a girare il collo e guardare ai lati- pazienti che cercavano continuamente di strapparsi il tubo dal naso o dalla gola, catetere vescicale. Pazienti che parlavano da soli, che si lamentavano ad alta voce, che deliravano.

Allo stesso modo, devo riconoscere la capacità del reparto medico della rianimazione. Sono stato seguito 24 ore al giorno da medici che si turnavano, che discutevano sulla situazione, sulla terapia, sul da farsi, che mi confortavano, che mi spiegavano.

Vorrei poterli ringraziare uno ad uno, ma non ricordo neanche i loro nomi e cognomi. Evidentemente in quei giorni non ero sufficientemente lucido da memorizzarli. Ricordo però i loro volti.

Un riconoscimento particolare devo fare alla D.ssa Pedrazzini per il suo affetto, il suo modo così sereno di rivolgermi la parola, con quella sua capacità così marcata di tranquillizzarmi, di darmi sicurezza e speranza.

E concludo: la rianimazione è un passaggio obbligatorio verso la riabilitazione, verso la cura. Un passaggio molto duro, moralmente e fisicamente. Un passaggio da cui non tutti usciamo psicologicamente indenni. Un passaggio che per fortuna molti di noi facciamo inconsciamente. A noi che non è ancora capitato di essere addormentati, operati, e di vivere l’esperienza della rianimazione. E, non importa quanti ti raccontino che è stata la loro peggiore esperienza –forse- della vita, non lo saprai mai fino a quando non ti capita di viverla sulla tua pelle.

Ma la grandezza e bellezza della vita è tale che COMUNQUE è un percorso che va affrontato, che ognuno di noi DEVE affrontare se viene chiamato a farlo. Fuggirne vuol dire non sapere apprezzare la vita. E questo, io che sono rinato, non posso né accettarlo né giustificarlo.

(5) Comments

  1. Anonimo

    Grazie tesoro mio. Grazie per avermi spiegato con esattezza le cose che sapevo già per intuizione. Non mi dimenticherò quello che hai detto. Lo terrò ben presente. Grazie, I love you e sono felice che tu sia qui.

    22 settembre 2010 alle ore 15:59
  2. Anonimo

    Complimenti per la forza d'animo.
    Il racconto è crudo, come hai anticipato (ndr "pesante"), ma se è fedele alla realtà vissuta ha un valore ancora più forte. Vale la pena leggerlo e può far bene a chi ha problemi con la "vita".
    In boca al lupo! Daniele Bravo

    23 settembre 2010 alle ore 20:51
  3. Anonimo

    Ciao Maurizio, quello che hai scritto è toccante, è per questo che lavoro in quel posto, perchè oltre a tante cose brutte, poi hai la fortuna di vedere che le persone come te rinascono... In bocca al lupo per tutto... Giancarlo..
    Ps le siringhe erano da 50cc non barare :D.. (il bimbo indiano è andato a casa, non è stato abbandonato, ha una situazione familiare non semplice)

    24 settembre 2010 alle ore 16:13
  4. Maurizio Oliveri said...

    Giancarlo, grazie delle foto e grazie per la precisazione sul bimbo... ovviamente l'informazione che mi era arrivata era sbagliata. Sono felicissimo che sia andato a casa, spero per lui che stia meglio e gli auguro tutto il bene del mondo!

    25 settembre 2010 alle ore 23:39
  5. Sandra said...

    Ciao, ho seguito la vicenda del bimbo indiano per otto giorni mentre sono andata a trovare Mauri. Solo una volta sono andati i suoi parenti, numerosi, dessinteressati... mi dispiace avere concluso che fosse stato abbandonato, pero mi è dispiaciuto moltissimo ogni volta entrare a vederlo solo nel suo lettino. Mi chiedevo soltanto se una mamma o un papà possano lasciare da soli un solo istante suo piccolo, io sicuramente no.
    Mauri queste storie le hai vissute tu dall'interno fuori dal reparto ci sono state tante storie, tante lacrime, tanti sorrisi, tanta allegria, tanta tristezza...

    26 settembre 2010 alle ore 09:55