VAD - Ventricular Assist Device

Posted by : Maurizio Oliveri | lunedì 24 maggio 2010 | Published in

(disponibile anche nella versione completa in PDF)

La VAD (dalla sigla inglese, “Ventricular Assist Device” o, in italiano, dispositivo di assistenza ventricolare) è una pompa che assiste e in pratica sostituisce la funzione originale di pompaggio del cuore.



Principali differenze tra i vari modelli di VAD sviluppati
Le pompe VAD possono essere divise in due categorie principali: quelle ad attività “pulsante”, che simulano i battiti cardiaci, e quelle a flusso continuo.
Altra distinzione viene fatta dai materiali usati: la maggior parte usa ingranaggi non biologici, con metalli nobili quali il titanio; alcune sono state sviluppate utilizzando superfici biologiche.



Come viene impiantata la pompa
Abbiamo detto che la pompa viene impiantata sotto il ventricolo sinistro. In realtà viene praticato un foro nell’apice del ventricolo sinistro (quindi la parte più bassa del vostro cuore, lato sinistro) per cui il sangue che è presente nel ventricolo viene aspirato dalla pompa (non ho capito bene se viene aspirato o se ci arriva per caduta) e viene spinto tramite un tubo esterno al cuore collegato all’aorta (che si trova sopra il cuore, ovvero più in alto). Immaginatevi un tubo che parte da sotto, circonda il cuore lateralmente (parte destra) e si riattacca sopra. Questo perché per la forma complessa del cuore e dei suoi vasi, non è possibile attaccarsi in modo più semplice, immagino.
In questo modo, l’effetto finale è quello di un flusso sanguigno che viene spinto nell’aorta facendo le veci del cuore.
La pompa, come avrete capito, è alimentata tramite un cavo che esce dall’addome ed è attaccato alla centralina. Purtroppo i consumi della pompa sono abbastanza consistenti, alcuni watt, per cui non è stato ancora possibile inventare un meccanismo auto contenuto nel corpo. Da quanto mi risulta l’obiettivo è proprio questo: di avere tra qualche anno (forse 5 o più) un dispositivo a basso consumo, munito di una batteria posizionata sottocutanea, e ricaricabile tramite un sistema elettromagnetico, o qualcos’altro di simile.

L’intervento
L’intervento è alquanto complesso. Ovviamente si deve praticare una sternotomia longitudinale, la procedura standard per accedere al cuore. Si deve pertanto aprire la cassa toracica “segandola” in tutta la sua lunghezza, dopodiché divaricare le costole sino ad avere accesso al cuore.
Come vi dicevo prima, il cuore va perforato e ivi va immesso un anello di tenuta, a cui verrà poi fissata la pompa. Questo, va da sé, significa che l’intervento è praticamente definitivo sul vostro cuore. Ho letto su Wikipedia di alcuni casi in cui il cuore è guarito e il dispositivo è stato rimosso. Ovviamente trattasi di casi eccezionali.

Il recupero
Dopo aver subito l’intervento, il paziente viene tenuto qualche giorno in terapia intensiva. Quando è più stabile viene passato in reparto (nel caso dell'Ospedale Niguarda, in Cardiologia 2) dove si fermerà dai 15 ai 30 giorni in funzione delle sue capacità di recupero.

Problemi e complicanze
Intrinsechi della pompa e del sistema in generale

Pur essendo altamente sofisticati, sicuri e testati, questi congegni sono comunque soggetti a difetti meccanici, elettrici, ecc. Se la pompa si blocca, il cuore si ritrova di colpo a dover lavorare senza l’ausilio meccanico. Il fisico si trova di colpo a ricevere un flusso di sangue (e quindi una quantità di ossigeno) più che dimezzato. Ce la farà? Per quanto tempo? Alcuni problemi che possono sopraggiungere:

  • Danno parziale o totale della pompa (bloccaggio, rottura, ecc.)
  • Danno della centralina che manda la corrente alla pompa. Ne viene fornita una di ricambio. Può essere sostituita velocemente a patto di averla sottomano e di avere qualcuno vicino che possa realizzare l’operazione (dubito che il paziente con la pompa in difetto riesca ad espletare da sé l’intervento)
  • Mancanza di corrente. Non si riesce a tornare in tempo a casa, la batteria va in corto, ecc. E’ difficile ma l’evenienza è comunque da tenere presente
  • Danno al caricatore/alimentatore. Impossibilità di caricare le batterie o di collegarsi alla rete. In questo caso, è indispensabile arrivare al proprio ospedale entro il periodo di autonomia delle batterie. Difficile per chi abita a più di 500 chilometri dall’ospedale…
 Di carattere medico 
  • Rischio di infezione nell’uscita del cavo dall’addome. E’ indispensabile un’igiene scrupolosa.
  • Necessità di riadattare il proprio corpo alla circolazione continua e non è più pulsante (nei modelli a flusso costante)
  • Rischio di coagulazione del sangue nel meccanismo della pompa e in generale, per tutti i componenti non organici attraverso cui scorre il sangue.
  • Rischio di infezioni batteriche nel meccanismo della pompa e parti accessorie un cui scorre il sangue.
Di carattere pratico, logistico, ecc. 
  • Impossibilità di immergersi nell’acqua. Il massimo consentito è una doccia con una speciale borsa plastica che isola la centralina.
  • Autonomia limitata quando si è distanti dall’alimentatore connesso alla rete. Per il modello studiato, la coppia di batterie dura intorno alle 4 ore. Il sistema viene fornito con 3 coppie, per cui si può avere un’autonomia massima di 12 ore.
  • Necessità di cambiare l’alimentazione frequentemente (cambio tra coppie di batterie, e cambio tra rete e batterie). L’operazione dura meno di un minuto, appena si è preso un po’ di dimestichezza, ma è comunque una scocciatura.
  • Difficoltà ad allontanarsi da casa per un tempo superiore all’autonomia delle batterie. E’ d’obbligo portarsi dietro l’alimentatore/caricabatterie, che pesa una quindicina di chili, nel caso del modello studiato che conosco.
  • Difficoltà/impossibilità a viaggiare su linee aeree commerciali. So per certo che fino a pochi giorni fa (maggio 2010) linee aeree come Alitalia NON consentivano ad un paziente con LVAD di viaggiare sui propri aerei. L’ho sentito dichiarare dal rappresentante della Thoratec ai pazienti che ho conosciuto al Niguarda. Si stanno adoperando per risolvere il problema, ma non credo che sia una cosa di poco tempo. Nel sito americano parlano di un modulo da scaricare (http://www.thoratec.com/downloads/HM-II-Notification-Letter-template-for-air-travel.doc ) per avvisare la linea aerea che il paziente è portatore di VAD e che quindi devono essere prese delle misure particolari. Negli USA funzionerà così, in Italia siamo sicuramente più indietro.
  • L’intervento sospende automaticamente il paziente dalla lista d’attesa per il trapianto, durante un periodo due o tre mesi. Dopodiché, se le sue condizioni sono stabili, si rientra in lista.
Legati all’esperienza


Se devo essere sincero, non ho avuto l’impressione di vedere procedure pienamente consolidate e perfettamente gestite nell’ambito ospedaliero. Sono una persona minuziosa, e nel corso delle mie degenze in ospedale, ho notato alcuni dettagli (anche sciocchezze, lo ammetto) che non sono del tutto rassicuranti. Al Niguarda, da quello che ho potuto percepire, il numero di VAD impiantate cresce a un ritmo di qualche unità al mese (tra le 2 e le 4, probabilmente). Alcuni numeri:
  • Impianti di Thoratec HeartMate II in Italia, meno di 60 (riferito verbalmente dal rappresentante, SE&O). Un migliaio in Europa, e quattromila in tutto il mondo.
  • In Italia la Thoratec lavora su più ospedali, ma non su tutti ovviamente. Ad esempio Pavia e Bergamo, per rimanere in ambito Lombardia, non usano i loro prodotti.
  • L’ospedale più a sud dell’Italia che utilizza Thoratec si trova a Roma. Non vi sono centri sanitari e quant’altro in grado di gestire questa apparecchiatura sotto Roma.
  • Non tutto il personale presente nel reparto, mi riferisco a medici, infermieri e fisioterapisti, conosce bene il funzionamento e le peculiarità del sistema. Anzi direi che:
    • Pochissimi lo conoscono alla perfezione (ad esempio interpretare tutti i valori del monitor). Soltanto qualche medico dell’equipe e la persona responsabile della Thoratec.
    • Un 50% legge ed interpreta i parametri più importanti e maneggia correttamente tutte le parti.
    • Un 40% trascrive i valori senza saperli interpretare correttamente, e si trova in difficoltà ad assistere o spiegare al paziente le operazioni di sostituzione batterie, ecc.
    • Il restante 10% non ne conosce affatto il funzionamento.
  • Il problema principale viene fuori quando queste mancanze non vengono adeguatamente nascoste al paziente (tipo "questo valore qui non glielo so spiegare, aspetti che chiedo all'altro medico..."), per cui talvolta le preoccupazioni del paziente in merito all'apparecchiatura sono più che giustificate. 
Conclusioni
Le VAD costituiscono un’importante e valida alternativa in pazienti con cardiomiopatie allo stato avanzato. Pazienti che vanno in scompenso frequentemente e che hanno una qualità di vita insufficiente. Pazienti i cui organi sono al limite della capacità di lavoro e che rischiano di subire dei danni in breve tempo.
A mio modesto parere, se almeno una di queste condizioni non è soddisfatta appieno, il gioco non vale la candela. La complessità dell’intervento, il tempo necessario di recupero e adattamento del paziente non giustificano che venga fatto questo intervento. Non si tratta di un organo donato ma di un apparecchio sempre disponibile, per cui c’è sempre la possibilità di intervenire e impiantare la VAD in un secondo momento.
Avete letto qual è stata la mia esperienza. Se vi dovesse mai capitare di trovarvi in questa situazione, ovvero, paziente già in lista d’attesa per il trapianto, classe NYHA III o IV, scompensi frequenti, qualità di vita scarsa o insufficiente, e vi venisse proposto un intervento di questo tipo, valutate bene le vostre condizioni e i vostri rischi, e soppesateli con i benefici e i rischi di un intervento di questa complessità e con la vostra capacità di poter gestire adeguatamente un macchinario come questo.

Se non siete in condizioni disperate, consiglio spassionatamente di chiedere un ulteriore parere medico prima di procedere. Può darsi che l’intervento non abbia quel carattere di urgenza estrema e che lei possa soprassedere per qualche mese, rimanendo in lista d'attesa e sperando nella sorte di trovare un organo adeguato per il trapianto.



Alcune foto relative al modello HeartMate II della Thoratec

centralina di controllo che si tiene all'addome


consolle nella versione ospedaliera (schermo è  più grande)


particolare dell'alimentatore/caricabatterie


batteria NiMh del peso di circa 800gr. l'una


uno dei connettori dell'alimentazione alla centralina

visione generale dei componenti (riprodotto dal manuale italiano)


visione d'insieme del sistema impiantato (riprodotto dal manuale italiano)

(Link alla versione completa del documento in PDF)

(11) Comments

  1. Anonimo

    Posso garantire che il post intervento è lunghissimo, certo che questa "soluzione " deve essere propio l'ultima alternativa,cioè quando non c'è altra via di uscita. Comunque per ora, grazie al Niguarda.

    28 dicembre 2010 alle ore 01:54
  2. Anonimo

    al san raffaele ne sono stati impiantati 4...i pazienti sono tutti morti a distanza massima di cinque mesi dall'intervento con una degenza degna di una tortura non augurabile a nessuno !!

    6 gennaio 2011 alle ore 15:19
  3. Unknown said...

    Siamo nel 2017 e c'è stata un'evoluzione anche in questo campo e purtroppo la competenza è importante il centro trapianti di Padova è tra le eccellenze e solo negli ultimi 5 anni ha impiantato 100 Vad su pazienti con cuore allo stato terminale. Il principio è che questi pazienti non hanno alternative...o mettono un vad..assistenza ventricolare... o muoiono. Per cui dire che il gioco non vale la candela è da ignoranti. Quando si danno informazioni su questi argomenti bisogna essere molto ma molto preparati. Mio padre ha un Vad che si chiama Jarvik 2000 impiantato a Padova con uscita retroauricolare cioè nel cranio. Un impianto assolutamente impermeabile che garantisce una assoluta protezione alle infezioni perché non è una ferita aperta. Io oggi ringrazio professor Gerosa e tutto il suo staff del Centro trapianti di cardiochirurgia di Padova perché sono veramente preparati e stanno offrendo questa tipologia di intervento su tutto il territorio nazionale e perciò chiunque dalla Sicilia Val d'Aosta addirittura dalla Svizzera,sono ben accetti per svere una possibilità di sopravvivenza. Problema invece essenziale e drammatico è che molti cardiologi non sanno di queste assistenze ventricolari, non lo propongono ai loro pazienti quando arrivano ad uno stadio terminale. Non sono informati sull'evoluzione di questi sistemi di pompaggio non ne sanno niente e i loro pazienti muoiono. C'è poca informazione perché questi impianti ovviamente hanno un costo molto elevato. Si tratta però di sopravvivenza si tratta di dare a un paziente spesso anche molto giovane la possibilità di andare avanti e spesso in attesa di un trapianto d'organo. Perciò io invito tutti i pazienti con problematiche avanzate al cuore di sollecitare i propri cardiologi ad informarsi su questo tipo di impianto. I pazienti in condizioni molto delicate possono essere trasportati con dei contropulsatori o con gli ECMO al centro trapianti di Padova. Basta chiedere una consulto basta imporre al proprio cardiologo di volersi trasferire per farsi impiantare questi strumenti eccezionali. Con il jarvik 2000 un paziente può condurre una vita assolutamente normale, un paziente può farsi la doccia può lavarsi può addirittura entrare in una piscina se tiene in stagna la parte elettrica la parte che alimenta la pompa all'esterno. Può fare una vita tranquillamente normale con il proprio animale non avendo paura di polvere di situazioni che possono creare infezionidcreate rischiose. Ovvio mantenendo sempre una certa igiene una certa attenzione nella parte del cranio dove c'è questo piccolo bottoncino collegato al cavetto di alimentazione. I VAD addominali sono molto più complessi ma sono comunque dei salvavita che permettono di andare avanti abituandosi ad una esistenza un pochino più complessa. Ma anche quelli che hanno i monconi per un incidente stradale devono cambiare le loro abitudini ma non per questo cessano di vivere con ottimismo. Auguri a tutti cardiopatici e informatevi.

    24 settembre 2017 alle ore 12:49
  4. Lara Verona

    Ringrazio la Sig.ra Barbara Barbieri che ha commentato con precisione quello che in questo momento stiamo per vivere anche io e mio marito. Proprio ieri ci siamo recati dal Prof. Gerosa di Padova e a parte il lato più che umano è proprio l'alternativa di questa Vad con uscita superiore piuttosto che dallo sterno che ci ha convinti a sottoporci a questo tipo di intervento. Leggendo ciò che lei a scritto ha risposto pienamente a tutte le mie paure ed insicurezze xchè sentire qualcuno che ha già questo tipo di impianto fatto proprio dall'equipe di Gerosa è un sollievo. Sappiamo bene che non è una passeggiata i tempi di recupero sono lunghi ma la speranza è l'ultima a morire. Tra un mese forse meno faremo l'intervento. Grazie

    16 maggio 2018 alle ore 11:28
  5. Unknown said...
    Questo commento è stato eliminato dall'autore.
    13 giugno 2018 alle ore 07:14
  6. Unknown said...

    Questo terrorismo è fuori luogo. Se non siete competenti evitate di scrivere cose allarmanti. Un paziente in fase terminale ha bisogno di conforto e speranza non di terrorismo.
    Saluti

    13 giugno 2018 alle ore 07:18
  7. Unknown said...
    Questo commento è stato eliminato dall'autore.
    13 giugno 2018 alle ore 07:20
  8. Unknown said...
    Questo commento è stato eliminato dall'autore.
    13 giugno 2018 alle ore 07:22
  9. Unknown said...

    Questo terrorismo è fuori luogo. Se non siete competenti evitate di scrivere cose allarmanti. Un paziente in fase terminale ha bisogno di conforto e speranza non di terrorismo.
    Saluti

    13 giugno 2018 alle ore 07:22
  10. Unknown said...
    Questo commento è stato eliminato dall'autore.
    13 giugno 2018 alle ore 07:36
  11. Unknown said...

    Salve Lara,
    sono felice di averle dato un piccolo supporto per una decisione cosi importante e le sottoscrivo che questa chance va accolta con ottimismo e determinazione.
    Papà non è arrivato a Padova con le sue gambe dal San Raffaele,dove si trovava x una ablazione,ma in ambulanza con un contropulsatore in quanto abbiamo avuto una sequenza di problematiche dovute al tracollo del ventricolo sinistro.
    Papà è portatore di jarvik da un anno esatto e ha 75 anni.
    Ha superato l'intervento con 15 kg in meno ed era molto debilitato e le garantisco perciò che partiva con un enorme svantaggio in quanto era allettato da circa 40 giorni.
    Non è stata una situazione semplice,anzi...ma da Milano ho voluto spostarlo a Padova perché è l'eccellenza in Europa e perché mi ero documentata in quei giorni di paura sul jarvik ( al San Raffaele impiantano solo quelli addominali).
    Dopo un altro mese di degenza a Padova ,abbiamo trascorso un altro mese a Porto Viro per la riabilitazione,dove anche li abbiamo trovato una professionalità superlativa,sempre preparata dal Prof. Gerosa e dal suo staff.
    Papà oggi sta bene...si allena per circa 40 min ogni mattina x scelta con il suo fisioterapista nonostante si sia ripreso alla grande...e 3 volte alla settimana si fa 45 min di camminata in un parco dietro casa per tenere la parte del suo cuore senza supporto attiva il più possibile.
    Si è abituato a gestire la tua batteria è conduce una vita più che dignitosa facendo le stesse cose che faceva prima con la differenza della semplice gestione del suo impianto che col tempo diventa la normalità. Quest'anno torniamo anche al mare.
    Dica a Gerosa che ci siamo confrontate e per qualsiasi cosa mi contatti qui.
    Suo marito è nelle mani migliori.
    Forza ....e mi faccia sapere.
    Un abbraccio.
    Barbara

    13 giugno 2018 alle ore 07:37